Il connubio vino e legno rappresenta una di quelle storie d’amore che continuano ad essere perpetuate nei vari secoli di storia del vino stesso.
In antichità, i tradizionali contenitori da trasporto per il vino erano le anfore vinarie in terracotta, data la grande disponibilità a basso costo delle argille necessarie alla loro fabbricazione. All’invenzione della botte a doghe, da attribuire agli Allobrogi, tribù celtica della Gallia del I secolo d.C., il vino cessò di essere trasportato in anfore. La botte, infatti, era meno fragile ed aveva un migliore rapporto fra il proprio peso ed il contenuto. Per standardizzarne il trasporto, in Francia, ad ogni regione venne attribuita una botte, con tanto di legge per specificarne il tipo: Bordolese da 225 litri, Macconaise da 212 litri, Champenois da 205 litri ecc. La standardizzazione della barrique Bordolese nasce nel XII secolo, precisamente da Enrico II che per ingraziarsi i francesi bordolesi concesse loro un “previlegio”: tutti i vini non prodotti nel Bordolese potevano essere imbarcati e spediti solo quando quelli di Bordeaux avessero trovato un acquirente; i vini non bordolesi, infatti, sarebbero stati facilmente riconosciuti dal diverso formato della botte. Questo processo portò a scoprire la positiva influenza che lo stoccaggio in barriques dei vini aveva nel loro miglioramento organolettico; si notò infatti che vini giovani e rudi, grazie alla permanenza in fusti di rovere, divenivano più gentili ed eleganti.
La barrique divenne, quindi, uno strumento enologico per la produzione di vino di elevata qualità. Il legno è un prodotto naturale e come tale presenta caratteristiche molto eterogenee. Questa variabilità è da attribuirsi alla specie di appartenenza, all’areale di provenienza, al tipo di conduzione della foresta, la trasformazione in assicelle e doghe, la stagionatura e la tostatura. Tra le varie essenze legnose, si possono impiegare varie specie: il castagno (Castanea Sativa), meno compatto, per un rapido invecchiamento del vino a basso costo; il gelso (Morus Spp.) con la doghe sottili, permetteva il passaggio del freddo che bloccava la fermentazione. Il passaggio quasi esclusivo al rovere avviene in un tempo successivo, dato che esso lascia passare poco ossigeno e dura molto nel tempo.
Si fa presto a dire rovere
Entrando nello specifico, però, notiamo che il nome “rovere” è commercialmente attribuito a più di trecento specie di alberi, tutti appartenenti al genere Quercus. Per la produzione di botti di qualità, ci affidiamo però a poche specie: la farnia, il rovere europeo e il rovere americano. La scelta di queste specie in particolare è data dal fatto che esse presentano: buone proprietà meccaniche, che conferiscano resistenza alla botte; facile riduzione in assicelle e facile curvatura, abbinate ad un giusto grado di porosità in modo da permettere un adeguato passaggio di ossigeno. Studi recenti hanno messo in evidenza differenze compositive, oltre che anatomiche, tra i due roveri europei e tra questi e quello americano. Il rovere europeo risulta ricco di sostanze aromatiche, la farnia invece si contraddistingue per l’abbondanza di composti fenolici. Il rovere americano, dal punto di vista compositivo, si evidenzia per una minore presenza di composti tannici e per una quantità importante di composti aromatici, in particolare di metil-octalattone, più noto come whisky-lattone: essa conferisce il sentore di barricato, ed il tipico odore di noce di cocco. Il rovere americano ha una maggior impermeabilità e si presta meglio alla realizzazione delle doghe con la tecnica del taglio, di maggior resa, rendendolo più economico.

La farnia (Quercus Robur), si estende dall’Irlanda e dal Portogallo fino alla catena del Caucaso ed alla Russia. In Italia è presente lungo tutta la penisola con esclusione del Salento e delle Isole. Il rovere europeo: Quercus Petraea o Quercus Sessilis. La diffusione di questa specie si estende dall’Europa centrale a nord fino alla Gran Bretagna, all’Irlanda e alle regioni meridionali della Scandinavia. A sud fino all’Italia, alla Macedonia ed alla Bulgaria. In Italia è difficile incontrare boschi puri di rovere. Questa specie si trova principalmente nell’areale alpino nei boschi misti di latifoglie. Può spingersi fino ai 1300 metri di altitudine e forma boschi puri o più communente misti con Farnia. Rovere bianco americano (Quercus Alba): È una specie caratteristica di una vasta zona dell’America Settentrionale, il suo areale naturale comprende le regioni che vanno dal Mississippi fino alla costa atlantica. Tradizionalmente le due grandi aree di approvvigionamento di rovere in Europa possono essere individuate in Francia e nell’attuale Croazia. Potremmo affermare che il centro della Francia come l’area di maggior concentrazione del rovere europeo, mentre nell’Europa dell’est possiamo trovare una concentrazione maggiore di farnia.
Ogni foresta ha le sue peculiarità, e tra le più famose in Francia possiamo citare Troncais, Bertranges, Saint Palais, tra le più note. Le piante in queste foreste sono molto fitte e vicine l’una dalle altre, in maniera tale che crescano molto dritte per cercarsi il sole, senza produrre rami anche fino 15–20 m di altezza. In Francia e negli Stati Uniti, inoltre, si può notare un effettiva gestione sostenibile della foresta, con l’abbattimento programmato solo delle parti più vecchie, quindi non perseguendo un abbattimento a tappeto. La quantità di legname in vendita è infatti determinata e in caso di maggiore richiesta ovviamente l’unico elemento che sale è il prezzo di acquisto.
La selezione inizia nel bosco
Già al momento dell’abbattimento degli alberi vi è un processo di selezione: ci si affida infatti solo ai tronchi più dritti, con minor ramificazioni, assenza di nodi, e un diametro superiore ai 50 cm. Per la produzione delle doghe si può far ricorso a varie tecniche di taglio, anche se all’assaggio quest’ultime non producono risultati distinguibili.
Al momento del taglio, il legno ha circa il 70% di umidità. Verrà quindi essiccato finché non raggiungerà un’umidità del 12 – 16%, per evitare eventuali deformazioni o variazioni di dimensione. La rimozione di umidità viene effettuata in essiccatoio, alternando cicli di stufatura e fasi di raffreddamento: il processo può richiedere diverse settimane. Il processo di essiccazione può anche avvenire all’aperto, in questo caso si parla di essiccamento e maturazione: con questo tipo di procedimento la stagionatura avviene in pile lasciate esposte alle intemperie per alcuni anni. Tale procedimento può conferire varie proprietà al legno. I bottai ritengono che per una stagionatura ottimale siano necessari 12 mesi per ogni centimetro di spessore delle assicelle, per il completamento del procedimento sono quindi necessari da 2 a 3 anni Durante i quali, ad opera di microrganismi e delle intemperie, si otterranno modificazioni positive dei componenti del legno che permetteranno un aumento del suo potenziale aromatico. Negli ultimi anni si preferisce però una tecnica mista, che prevede una iniziale essiccazione all’aperto seguita da una essiccazione artificiale per poter omogenizzare il risultato produttivo.

Successivamente le asticelle vengono ridotte tutte alla stessa lunghezza e trasformate in doghe trapezoidali. Questa conformazione contribuisce a definire la forma caratteristica delle barriques e ad assicurare la tenuta ermetica. L’assemblaggio delle doghe avviene tramite l’uso di cerchi provvisori ed il riscaldamento delle assicelle che consente la loro piegatura.
Piegatura e tostatura del legno
La scelta del legno per la costruzione delle botti inizia dall’albero e termina con i diversi tempi e calorie della tostatura che inluirscono sulle caratteristiche organolettiche del vino.
In Europa la piegatura avviene per fuoco diretto prodotto da bracieri che si pongono all’interno del fusto in costruzione in cui si bruciano scarti di rovere. Segue la tostatura, che consiste nel protrarre il riscaldamento tramite una fiamma libera generata unicamente da rovere di scarto ottenuto dalle lavorazioni precedenti, al fine di consentire al calore di indurre modificazioni ai composti del legno tali da poter apportare al vino che vi verrà introdotto caratteristiche organolettiche interessanti.
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