Nello scorso numero abbiamo parlato della storia dell’utilizzo del legno in enologia e dell’origine dei vari legni utilizzati per l’invecchiamento dei vini. In questo secondo articolo parleremo invece dei cambiamenti subiti dai vini barricati che gli conferiscono quella marcia in più spesso apprezzata dagli amanti del vino.
Partiamo innanzitutto descrivendo quali sono i componenti principali del legno: cellulosa, emi-cellulosa e lignina. Queste molecole possono essere presenti in percentuale molto variabile tra una specie e l’altra, ma noi indicheremo delle percentuali riferite in modo particolare al genere Quercus, che, come abbiamo visto, risulta essere il genere di piante arboree più utilizzata per la produzione di botti a fine enologico. Seppur il rapporto tra queste tre componenti principali può variare tra una specie e l’altra, o addirittura tra un individuo e l’altro, tendenzialmente le percentuali riportate sono corrette.
Nel legno di Quercus, la cellulosa si aggira in percentuali del 40%. La cellulosa è un polimero lineare, composto da molecole di d-glucosio unite tra loro con un particolare legame, definito beta uno- quattro (definito tale perché il carbonio in posizione 1 della molecola glucidica precedente è legato al carbonio in posizione 4 della molecola glucidica successiva). In parole povere la cellulosa è una sorta di catena composta da anelli che non sono nient’altro che molecole di zucchero legate tra loro in un modo particolare.
L’emi-cellulosa è, come la cellulosa, una catena, o meglio un polimero ramificato. La differenza consiste nel fatto che questa volta vi sono vari zuccheri che compongono la suddetta catena, come ad esempio arabinosio, xilosio, mannosio e galattosio. Costituisce circa un quarto della massa totale del legno.
La lignina, il 25% del totale, è un composto costituito principalmente da tre alcoli fenolici: alcol cumarilico, coniferilico e sinapilico.
Siamo arrivati quindi al 90% della materia di cui è composto il legno. Il rimanente 10% è dato dai cosiddetti composti estraibili: principalmente polifenoli, tra cui i tanniniidrolizzabili, tra cui ricordiamo la vescalagina e la castalagina, che conferiscono caratteristiche antiossidanti e astringenza.
Abbiamo anche composti fenolici, tra cui composti volatili che hanno un’impronta olfattiva, come la vanillina, guaiacolo, eugenolo; troviamo anche lignani e cumarine, che conferiscono l’amaro al legno di quercia. Infine, troviamo i lattoni, cis e trans, luteina e beta carotene, cosiddetti norisoprenoidi, composti di degradazione dei carotenoidi. Ricordiamo tra quest’ultimi, gli ianoni ed il gruppo dei megastigmanoni, conferenti aromi di tabacco, mela cotogna e violetta spesso ritenuti piacevoli. Vi sono moltissimi altri composti minori e tra questi ricordiamo in modo particolare i triterpenoni, responsabili della sensazione gustativa dolce, conferendo dolcezza al vino senza aggiungere zuccheri. Ognuna di queste molecole o classe di molecole può conferire un aroma diverso alvino, i composti chiave sono riportati nella tabella adiacente.

Ma quali sono i processi chimici che avvengono durante l’invecchiamento in barrique?
Tutto nasce dal fatto che i contenitori in legno non sono ermetici e consentono quindi un ridotto ma costante scambio di ossigeno con l’esterno, in un intervallo tra 5 a 40 mg/l di ossigeno per anno che raggiunge il vino principalmente della parte alta della barrique; l’ossigeno dell’aria penetra lentamente nel vino favorendo la fuoriuscita dell’anidride carbonica (residuale della fermentazione alcolica) e di conseguenza determinando una più rapida decantazione delle particelle fini ancora in sospensione nel vino nuovo.
Il fenomeno maggiormente rilevante rimane il passaggio dell’ossigeno al vino attraverso i pori del legno, particolari composti chiamati ellagitannini funzionano da velocizzatori di reazioni chimiche, accelerando la combinazione tra antociani, i composti responsabili del colore dei vini rossi, e tannini, le sostanze responsabili dell’astringenza del vino, con la conseguente formazione di complessi antociani-tannini molto più stabili delle forme libere. Inoltre, la leggera e lenta ossigenazione determina una unione dei tannini in complessi via via più grandi, che combinandosi con i polisaccaridi, (come suggerisce la parola, una molecola composta da un gran numero di unità ripetitive di zuccheri), si disperdono finemente nel vino in un equilibrio stabile conferendone un colore più duraturo con lo scorrere del tempo.
Infine, la lenta micro-ossigenazione riduce anche i rischi di formazione di molecole maleodoranti contenenti zolfo, problema che si può aggravare se i vini sono mantenuti su sottili strati di depositi fecciosi.
La comunicazione tra barrique e vino
La barrique, come abbiamo appena visto, cede diversi odori al vino e sottrae al vino stesso alcuni dei suoi odori rendendo quindi la comunicazione non monodirezionale, le molecole odorose passano tra barrique e vino e vice-versa.
Come abbiamo discusso precedentemente, fermentazione e/o invecchiamento in barrique arricchisce il vino di note di vaniglia, noce di cocco, fumo di paglia, rovere tostato, noccioline tostate. Ora è importante soffermarsi però sul fatto che la quantità di alcuni odori propri del vino diminuisce, perché questi odori saranno anche assorbiti dal legno del recipiente. In particolare, la riduzione maggiore avviene per i sentori di origine fermentativa, generalmente riconducibili a frutta, come mela verde, melone e banana, riconducibili alla classe degli odori primari.
È vero, dunque, che il vino in barriqueamplifica il suo ventaglio olfattivo acquisendo altri profumi, ma è altrettanto vero che perde anche un po’ del suo carattere fruttato. Tuttavia, notiamo facilmente all’assaggio che alcuni vini, sia bianchi che rossi, prodotti con l’impiego della barriquesono tutt’altro che poco fruttati.
Come è possibile ciò? Bisogna considerare altri due fattori: il tempo di sosta del vino in botte prima dell’invecchiamento ma anche l’anzianità della botte stessa. Le botti nuove lasciano un segno olfattivo decisamente più marcato rispetto a delle botti già utilizzate per affinamento; quest’ultime inoltre avranno acquisito delle caratteristiche odorose conferitegli dal vino precedentemente stanziato che le renderanno più delicate ma ha lo stesso tempo più complesse. Tutto ciò senza dover trascurare i costi dell’utilizzo di questo prezioso strumento: botti di elevata quantità sono costose, ancor prima di consideraregli aumentati costi di stoccaggio del vino in cantina o addirittura in strutture apposite (le cosiddette bottaie).
Non è raro, infatti, per alcune aziende vendere di anno in anno le botti utilizzate, soprattutto nel caso necessitino di barrique nuove per particolari fini enologici; gli acquirenti saranno invece aziende che preferiscono botti più delicate (e decisamente più economiche).
Ulteriore scelta da effettuare prima dell’uso delle barrique è la scelta tra l’utilizzare un vino già fermentato oppure il mosto prima della fermentazione alcolica. Quest’ultima opzione, in passato era riservata quasi esclusivamente a vini bianchi, dato che la presenza delle bucce caratteristica della fermentazione in rosso rappresentava un fattore limitante; negli ultimi anni la tecnologia ci sta permettendo di superare questa barriera, con delle barrique che presentano particolari strutture adatte alla macerazione.
Dopo varie sperimentazioni, sia di carattere scientifico che puramente di carattere pratico, si è notato che ponendo direttamente il mosto all’interno del contenitore in legno quest’ultimo assorbirà principalmente acqua, permettendo così a tutti gli aromi sviluppatisi durante la fermentazione di rimanere all’interno del vino, conferendo così un maggiore equilibrio tra gli aromifruttati ed i terziari derivati da invecchiamento. Inoltre, potremmo addirittura avere una accentuazione di queste note primarie, perché il legno protegge il mosto in fermentazione da una eccessiva ossidazione.
È bene, però, puntualizzare il fatto che le molecole rilasciate dal legno al vino in fermentazione subiranno delle trasformazioni rendendole tendenzialmente meno impattanti, in particolar modo la nota di vaniglia.
In definitiva, se il vino fermenta in barrique, l’impatto del legno è bassissimo almeno fino alla fine della fermentazione alcolica. Il vino avrà odori di frutta molto intensi, soprattutto se la temperatura di fermentazione sarà bassa, odori che inoltre saranno accompagnati da una speziatura che renderà il profumo molto più complesso.
Se tutto è andato per il meglio avremo quindi alla fine della fermentazione un vino con un profumo complesso ma allo stesso tempo equilibrato, senza che le note del legno sovrastino quelle di frutta tipiche della fermentazione. Con il tempo però, nel caso in cui il vino non contenga molti precursori aromatici, esso manifesterà comunque in maniera dominante gli odori del legno, dato che gli aromi fruttati sono generalmente dati da esteri, molecole che tendono a degradarsi nel tempo. È il caso di numerosi vini, non adatti ad un lunghissimo invecchiamento dato che non trarrebbero alcun vantaggio ulteriore dalla permanenza in legno, potremmo addirittura avere un decadimento qualitativo, dato che potrebbero perdere alcuni sentori (classico caso in cui un vino invenduto ci viene spacciato per pregiatissimo perché è molto vecchio!).
Ciò divide i vini in due classi: quelli adatti e non adatti ad un invecchiamento molto lungo: quelli adatti sono ricchi di precursori inodori che liberano progressivamente profumi propri che aggiungono complessità e finezza ai già complessi aromi prima citati, regalandoci dei prodotti magnifici e di altissima qualità che spesso ci fanno emozionare.
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