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Uno degli argomenti principali del 3° livello del Corso di Formazione per Sommelier è sempre stato l’abbinamento cibo-vino. Un argomento sviluppato sempre con estremo rigore e con l’applicazione di una tecnica specifica, almeno in Italia.
Perché bisogna dire che l’Italia è l’unico paese dove si applica questa rigorosissima tecnica nell’abbinamento cibo-vino. In nessun altro paese esiste un codice così stringente come quello applicato da tutte le Scuole per Sommelier.
Quanti hanno frequentato il 3° livello sanno bene di cosa sto parlando, di quanto siamo legati ad una sequenza ben controllata dei vini durante il pasto, partendo dai criteri specifici dell’abbinamento per concordanza o per contrapposizione.
E i criteri sono sacrosanti, aiutano ad avere una corretta esaltazione del cibo e del vino degustati in quel momento, quindi ben venga la tecnica; ma è poi così corretta la sequenza obbligata dei vini, partendo dagli spumanti brut ed extra brut o pas dosè, per continuare con i bianchi leggeri, a seguire i bianchi strutturati, o magari i rossi, e per finire i vini dolci o passiti sui dessert?


E’ vero, il criterio è legato alla diversa struttura dei cibi durante il pasto, nessuno si sogna di iniziare con un brasato al Barolo e di proseguire con gli spaghetti alle vongole, ma è anche vero che la cucina nella ristorazione moderna non propone certo questo tipo di ricette tradizionali, quindi vale forse la pena cominciare a ragionare in altri termini, ossia un po’ alla “francese”, dove sarà facile iniziare con il foie gras, in abbinamento classico con un Sauternes, per poi proseguire con un filetto di pesce e una mirepoix di verdure abbinato ad uno Chablis o un Pouilly fumè della Val de Loire. Ogni portata un’esperienza diversa, con l’abbinamento che tiene conto del piatto e non della sequenza.


Recentemente sono stato in alcuni ristoranti del nord Europa, in paesi come la Danimarca, la Norvegia o la Svezia, le nuove frontiere della ristorazione nelle classifiche internazionali, e non ho riscontrato nessuna delle regole a noi tanto care nell’abbinamento cibo-vino. Anzi, ho avuto l’impressione che il gioco fosse proprio quello, ossia stupire con sequenze azzardate e originali. Vi confesso che il “gioco” mi ha affascinato, e se questo tipo di proposta sta avendo sempre più successo, vuol dire che il pubblico in generale la trova vincente. Nell’ottica di quella che deve essere la figura del Sommelier moderno, va presa in considerazione anche questa opportunità, e lungi da me l’idea di abbandonare la tecnica, resta fondamentale conoscere i criteri specifici per l’abbinamento, ma se su un piatto sta bene un Georgiano Rkaksiteli in anfora e sulla successiva portata è meglio uno Champagne, perché no?

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