con il tempo i gusti cambiano – seconda parte
La Francia. I mitici e pregiati vini di Bordeaux, il lusso del mondo del vino. Per molto tempo ho amato i vini di questa signorile regione che si esprimono in eleganza, rotondità, potenza, struttura e grandissima longevità. In tempi passati ho avuto modo di accostarmi a svariate bottiglie di grande pregio e lontane annate dei più grandi Chateau, questo perché ho avuto la fortuna di muovere i primi passi nella vera Hotelerie di una volta. La prima esperienza all’estero è stata segnante. Nel 1976 fino a Parigi in treno, poi direzione Calais, la manica fino a Dover e poi l’arrivo a Victoria Station. Da Londra ero diretto in pullman nella Contea di Perthshire, ad Auchterarder, si pronuncia Uachdar Àrdair e significa Upper Highland, tra Edimburgo e Glasgow. Nel bel mezzo della campagna scozzese mi aspettava il famoso Gleneagles Hotel, collocato su 344 ettari di terreno con giardini progettati dal rinomato architetto Capability Brown. All’interno 3 campi da golf regolamentari con percorsi tra i migliori a livello mondiale. Fin dagli anni 30 questa struttura regale e lussuosa, in stile castello francese era definita la “Perla delle Highlands” e anche “l’ottava meraviglia del mondo”, un must per l’èlite della società britannica. Al Gleneagles, nel Luglio del 2005, la regina Elisabetta ed il principe di Ebimburgo hanno ricevuto i leader del G8, con a seguire un’esclusiva cena e tut’oggi, questo Luxory Hotel, fa sempre incetta di premi nell’ambito dell Hotelerie. Grande tradizione di ospitalità, staff formato da eccezionali professionisti, suggestivi arredi e, non solo Golf, quattro ristoranti all’interno, svariati bar, e già da allora intrattenimenti esclusivi come, equitazione, una scuola di falconeria e una di addestramento cani, pesca, tiro al piattello, tiro con l’arco, gite in bicicletta, piscine, guida fuoristrada, spa con saune a vapore e[speciali personal trainer. Due erano le zone che preferivo: una era lo storico ristorante principale, tra i migliori 10 Great Hotels Restaurants al mondo, “The Strathearn” – first class high dining experience with silver service – di grandiosa eleganza con tocchi glamour e tradizionali di vecchia scuola, colonne e tende bianche, finestroni e ampie vetrate che davano sui prati verdi, verdi ma verdi, che incantavano e veniva voglia di accarezzarli, come in una favola. L’altra zona era “The Ballroom”, un capolavoro di epoca Edoardiana, collocata al centro della struttura, una sala da ballo con palcoscenico e soffitti altissimi, cupole, balconcini e giganteschi candelieri. “The Ballroom” accoglieva cocktail party fino a 300 persone, a ritmo di musica e dei miglior champagne vintage. Il Gleanegles nella metà degli anni settanta era al culmine della sua fama, i personaggi, i cibi, i vini, l’atmosfera, le orchestre, le cornamuse e, obviously, il meglio dell’enologia mondiale, selezionatissimi cocktails, le migliori birre internazionali e infiniti e rarissimi unici single malt. Al Gleneagles allora, il direttore di sala era italiano, Mister Gallinari, una figura bassa e di buona stazza, tarchiato e riservato per natura, sempre in total black compresa la cravatta e con camicia bianca immacolata, dallo sguardo severo e di comprovata esperienza, sorrideva sempre. Inizialmente non sapevamo di aver di fronte, uno di quei Maitre/Gastronomo di una volta, di caratura internazionale, tanto che in seguito scoprimmo che Mr. Gallinari custodiva un “Black Book” che se qualcuno ci finiva sopra non avrebbe trovato lavoro in tutta l’Inghilterra. L’Italia è ricca di personaggi del passato, aihmè dimenticati, che in giro per il mondo, hanno influenzato l’universo dell’hotelerie e della ristorazione, sia a grandi che piccoli livelli lasciando tracce che hanno fatto storia e hanno saputo trasmettere il nostro patrimonio enogastronomico e culturale. I grandi Chateau di Bordeaux, in particolare Mouton Rothschild, Lafite Rothschild, Margaux, Petrus, Haut Brion, Latour e molti altri, vellutati, di grande finezza ed eleganza arrivavano dalla cantina rigorosamente tenuti in posizione orizzontale con leggera inclinazione verso l’alto e venivano serviti sempre in orizzontale in decorati appostiti cestini per non perdere la posizione originaria di cantina. Molte di queste pregiate bottiglie prima di finire nei calici venivano richieste in precedenza in modo da essere aperte perlomeno 30/40 minuti prima come da etichetta, per far sparire eventuali imperfezioni, poi decantate in splendidi decanter. Ogni volta il sommelier, che aveva una simpatia per me, mi strizzava l’occhio e con generosità mi lasciava da parte qualche abbondante scolatura rimasta dalle bottiglie, favolose esperienze. Non solo degustavo ma sbirciavo nel taccuino del sommelier e ricopiavo alcuni appunti, conservandoli religiosamente, circa i seducenti e aristocratici vini di Bordeaux, zone di provenienza e caratteristiche principali, qui a seguire alcune tracce.
Paulliac, colori concentrati e profondi, vini fini con tannini marcati, da giovani ricchi di acidità e tra i più grandi in fatto di sviluppo e longevità, eccezionale rotondità e opulenza. St. Estèphe, frutta intensa. vini solidi, concentrati e robusti da terreni argillosi, tannini vecchio stile, lenti nell’evoluzione, molta classe. St. Julien, vini unici di grande finezza, armonia ed equilibrio, meno di corpo ma di grande personalità. Margaux, grande finezza aromatica, complessità, eleganza, potenza maschile e delicatezza femminile, classiche note di tartufo e legno vecchio. Graves, evolvono velocemente, naso e palato terrosi, morbidi e rotondi. Pomerol, sia vini profondi e decisi di grande ricchezza setosa che vini più leggeri, gentili di veloce maturazione, eleganza incomparabile. St. Emilion, profondità, veloce evoluzione, freschezza e aromaticità con rilevanze terrose e ferrose. grande morbidezza è la caratteristica. Fronsac, vini austeri, puri e di gran carattere, generosi di frutta rossa, spezie, terra e tartufo, richiedono. affinamento in bottiglia. Mi fermo qui con le descrizioni, in quel taccuino venivano annotate anche le grandi annate memorabili, 1928, 1929, 1939, 1945, 1953, 1959, 1961, 1966, 1970, 1975. La sbandata per le uve cabernet sauvignon, cabernet franc e merlot durò molto affiancata sempre dai ricordi di quelle memorabili scolature. Il Claret (sinonimo inglese per indicare i vini di Bordeaux dai svariati significati) con il tempo l’ho messo da parte, ma non per via del gusto internazione, dei prezzi sempre più esorbitanti, dei terreni espiantati, delle proteste dei vignaioli e delle incongruenze, ma perché come dicevo con il tempo i gusti cambiano specialmente per chi ama essere sorpreso mentre esplora. Automaticamente dopo i castelli di Bordeaux in genere si approda nella robusta Borgogna contadina dallo spirito nobile, ca va sans dire. E quando si arriva da questi parti difficilmente si abbandonano questi vini profondi, quanto basta alcolici e vellutati, generosi e ricchi del fragrante aroma del pinot nero, veloci ad evolvere grazie alla mancanza di astringenza. Ma non si può fare un unico fascio dei vini di Borgogna, il loro stile è determinato in particolare dai produttori, dai metodi di vinificazione e da come ci si comporta in vigna. In Borgogna nei vigneti e per le strade, tra boschi e nebbie, aleggia silenzio, sacralità e un senso di infinito, questo è il ricordo del mio primo pellegrinaggio da quelle parti.
Pernottamento in centro a Beaune, obbligatoria passeggiata nel viale centrale e visita alla principale architettura gonfia di storia l’Hôtel Dieu oppure chiamato Hospices de Beaune e, poi via a calpestare i vigneti. Come diceva Alessandro Dumas i vini di Borgogna devono essere bevuti in ginocchio e a testa scoperta. Una terra dove lo scontroso pinot nero esprime al massimo la sua potenzialità e identità di origine e il versatile chardonnay impazza con classe ed eleganza ai massimi livelli, basterebbe dire solo questo. Quindi giù il cappello davanti alle appellazioni: Greve-Chambertin (vini inimitabili), More-Saint-Denis (piccola zona grande struttura ed eleganza), Chambolle-Musigny (eccezionale finezza), Vougeot (bottiglie gloriose), Vosne-Romanèe (l’apogeo dello stile Borgogna), Nuit-Saint-Georges (vini perfetti e longevi), Aloxe-Corton (ricchi e massicci), Savigny-les-Beaune Chorey-les-Beaune (grande freschezza), Beaune (velluto e seta), Pommard Volnay (tutta la potenza della Borgogna), Mersault (regno dei grandi bianchi), Puligny-Montrachet Chassagne-Montrachet (paradiso dei bianchi). Saint-Aubin (condensa Puligny e Chassagne), Santenay Maranges (campagnoli e imponenti). Difficile abbandonare questi vini complessi, lunghi, di gran aroma, a volte maschili a volte femminili, fragranti, corposi e capaci di grande opulenza. In questo caso circa i gusti la Borgogna è come un grande amore e come tutti i grandi amori possono finire ma rimangono dentro, attraccati alla La Cote d’Or, abbreviazione di Cote d’Orient che include la Cote de Nuits e la Cote de Beaune. Ma parlando di Franmcia ci siamo dimenticati del vino più famoso al mondo, lo Champagne. Nella maggior parte dei casi quando ci si accosta alla Francia il viaggio inizia sempre con lo Champagne. Champagne la sola parola in tutto il mondo richiama felicità e festa. Il frate Dom Pèrignon, Madame Pommery e il perlage evocano tappi che saltano, sfarzosi brindisi e allegria. Sia che si tratti di Grand Maison o petit recoltant la differenza con altri vini “frizzanti” è la finezza, l’eleganza, la limpidezza, la lunghezza nel finale, il continuo piccolo perlage e spesso la croccantezza. Per me una gran bolla è come un gran sigaro, mi spiego, entrambi hanno uno spirito audace e unico che arriva dalla complessità della terra e che regala una sensazione di euforia e piacere unica che in alcuni casi azzardo a dire sviluppa creatività. Non ho mai avuto un vero e proprio periodo, o sono stato come molti un assolutista, delle bollicine. Le bolle vanno e vengono, mai dire no alle bollicine, come diceva qualcuno. Ho incontrato altri amori con la Loira, la Cote du Rhone, l’Alzazia e molte specifiche passioni per autentiche gemme e riferimenti assoluti come certi Sauternes, le bolle di Jacques Selosse, l’intenso, luminoso e irraggiungibile Silex di Didier Dgueneau e infinita devozione verso Nicholas Jolies per la sua Coulèe de Serrant, un vino dallo stile unico da degustare almeno una volta nella vita, secondo Curnonsky:“Uno dei cinque più grandi vini bianchi di Francia”. Cournonsky era lo pseudonimo di Maurice Edmond Sailland (1872-1956) conosciuto anche come il Principe dei gastronomi, una vita dedicata ad osannare la tavola e a saggi su cibo e vino.
Negli ultimi anni della sua vita fu costretto dai medici ad una severa dieta, a 89 anni cadde dalla finestra della camera da letto, non è chiaro se per uno svenimento o se per disperazione verso quella dieta. C’è una leggenda che racconta che ottanta ristoranti gli riservassero un tavolo ogni sera nel caso si fosse presentato, anche se in tarda età usciva raramente. In genere, per concludere, quando, in fatto di gusti, si è setacciato la Francia a seguire arriva il Nuovo Mondo e certe dimenticate aree Europee, ma queste saranno le protagoniste della prossimo appuntamento.
Saluti e Salute.
- Oh Perbacco! - Agosto 24, 2023
- Oh Perbacco! Con il tempo i gusti cambiano – Prima parte - Giugno 7, 2023
- Oh Perbacco! - Gennaio 17, 2023