Hall in the theater

I compiti del Teatro4 min read

Settembre imperversa, il fresco si muta in freddo, le giornate vanno accorciandosi e le scuole riaprono i battenti – tra i mille dubbi, mancanze, aggiustamenti da fare, incognite sul futuro.
Sono giorni frenetici e caldi, per chi si occupa di Teatro nella scuola, per chi deve presentare progetti di formazione e/ o performativi: entro la fine del mese di Settembre tutti i dossier del caso dovranno essere nelle mani di referenti, segretari, dirigenti, etc.

Urge dunque una riflessione: qual è il compito del Teatro?
Le offerte sono molteplici; e allora la domanda giusta potrebbe essere: il Teatro ha davvero un compito (scolasticamente parlando, è ovvio)?
Chi scrive ha odiato profondamente il corso di teatro che si faceva nel suo liceo, però deve tutto alla solerzia con la quale le sue maestre lo coinvolgevano in tutto quello che di teatrale si facesse a scuola.
Questo perché, a mio modesto parere, non c’è un modo univoco di usare il teatro per fare formazione; ma meno teatro c’è, più formazione si ottiene. Vado a spiegarmi meglio.
Il Teatro mette tutti – lo vogliano o meno – in una situazione dove urge prendersi delle concrete responsabilità. Non si dà teatro ove non vi sia una equa e ragionevole ripartizione di compiti concreti di ogni tipo: artistici, tecnici, etici, fisici.
Non si dà teatro ove non debba dire a qualcuno “fidati di me” o viceversa.
E nessun settore del teatro è estraneo a questo tipo di dinamica: ragionano così attori, registi, drammaturghi, tecnici, organizzatori.

Urge dunque un profondo ripensamento circa le modalità con le quali si interviene, tramite il teatro, nella formazione dei giovani: “attivare” le proposte, aprire il campo alle altre professionalità teatrali per offrire maggiori probabilità ai nostri giovani di poter specchiare la propria esistenza con ciò che succede nel pugno d’ore in cui la scuola permette loro di avere a che fare col Teatro.
Se la prerogativa dell’essere umano, difatti, è illudersi di credere in forme che non conosce – per cui ogni esperienza , per definirsi tale, deve forzatamente condurre a compiere ripensamenti – non c’è modo migliore che indurre i giovani a una mentalità teatrale, dove, quotidianamente, l’immaginazione deve scontrarsi con la realtà, per creare qualcosa che passi la ribalta e parli davvero.

multiethnic actors and actresses rehearsing with theater director on stage
multiethnic actors and actresses rehearsing with theater director on stage

Costruire prodotti teatralmente efficaci collaborando è quanto di meglio si possa chiedere a una generazione sempre più convinta che esprimersi voglia dire solo scegliere una modalità il più possibile provocatoria di farlo e metterla in atto.
Imparare a stare al proprio posto e fare del proprio incarico (piccolo o grande che sia) qualcosa che impreziosirà il lavoro degli altri; scegliere – anche dopo ore di discussioni, liti, scontri – la soluzione giusta e non solo quella più impressionante; ascoltare tutti per aiutare tutti e capire meglio; mettersi nei panni di un collaboratore prima ancora di quelli di un personaggio – perché l’Arte non è la riproposizione della vita ma delle sue dinamiche, che è diverso – è tutto quello che uno studente, oggi, possa augurarsi di imparare.
Si fa un gran parlare di alternanza scuola-lavoro come se le due cose perseguissero obiettivi differenti, come se a scuola si parlasse un linguaggio differente da quello della vita.
Bene, se il Teatro è vita, se lo è davvero, deve saper entrare con l’irruenza e l’imprevedibilità della vita nella mente e nel cuore dei giovani e giovanissimi, a qualunque costo, sotto qualunque forma.

“Fallo tu, Francesco”; “Prenditi questa responsabilità”; “Non delegare”; “Non dovevi occuparti tu di questo?”. Sono frasi che si sentono ripetere mille volte, in una sala teatrale, che insegnano molto più di tante affermazioni contenute in manuali di drammaturgia scolastica, di “teatro ragazzi” (orrenda parola), che pretendono di marmorizzare qualunque intervento riesca su quella materia mutevole e magmatica che sono i ragazzi.

“Tocca a te”, dice il Teatro, quello vero. E quando non lo dice fa in modo che chi di dovere si accorga che è arrivato il proprio momento, e non si può più rimandare.
Al teatro nella scuola, dunque, si sostituisca una scuola teatrale.

Francesco Tozzi
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