Dissonanza - Parte II 1

Dissonanza – Parte II5 min read

Riassunto – Al dottor Sardiello, giornalista economico, e astemio viene affidato dalla rivista per cui collabora, un articolo sulle piccole realtà vinicole della regione. Via mail Sardiello contatta tutte le aziende vinicole interessate dal servizio. solo una non risponde alle mail, quella di Nunzia Nodiga, che dopo essere stata sostituita con un altro nominativo, ad articolo ormai pronto, si mette in contatto con il giornalista invitandolo a visitare l’azienda e chiudendo la mail con una domanda che suona come un’affermazione: Lei è astemio, vero?

Quattro parole, una semplice domanda, anche stupida se vogliamo, eppure mi spiazzò. Non sapevo se e cosa risponderle. Un giornalista della mia levatura messo in crisi da una singola domanda! L’articolo era concluso, avrei potuto ignorarla o mandarla al diavolo come avevo fatto poco prima nella mia mente, invece le dita seguirono una parte nascosta del mio cervello che cercava i termini più adatti per risponderle. Credo di aver scritto e cancellato almeno una decina di volte, alla fine, optai per risponderle con altrettanta schiettezza.

-Sì. È un problema?

-Se devo parlarle di come si gestisce un’azienda non lo è… Ma se vuole comprendere il senso del mio lavoro allora… potrebbe esserlo.
Non aveva più importanza saperlo, era stata tagliata fuori, potevo dirle questo e finirla lì, però non ci riuscii, desideravo sapere dove volesse arrivare.
-Saggiare per comprendere?

-Non proprio. Il mondo del vino ha innumerevoli sfumature, le domande che mi ha inviato invece hanno un approccio… monocromatico.

-Dovevo essere imparziale, ciò non toglie che alle stesse domande possono corrispondere risposte del tutto diverse.

-Qualcuno dei miei colleghi le ha parlato di questi?

Al testo seguì una foto, l’immagine di uno scaffale zeppo di libri.

-Il vino in letteratura?

-No. Il vino come letteratura.

Ingrandii l’immagine e in effetti, i titoli visibili non mostrarono alcun nesso con l’enologia, almeno per quanto ne sapessi io, erano romanzi, raccolte di racconti, nulla di diverso da una normale libreria.

-Si spieghi meglio…

-Le propongo di venire qui. Stia tranquillo, non la costringerò né a bere vino né tanto meno ad una lezione da sommelier! Le chiedo solo un po’ del suo tempo. Accetta?

Se Gigli avesse saputo che la mia auto sportiva è sfilata tra i sentieri terrosi di quel luogo, mi avrebbe preso in giro per il resto dei miei giorni. Avevo pensato di passare il fine settimana a casa, disteso sul divano attendendo il lunedì per il benestare alla pubblicazione. Invece mi trovai a passarlo nella piccola tenuta “Nodiga”, nascosta tra i versanti delle colline, in un posto così fuori dal mondo che neanche il cellulare prendeva granché, e feci una delle cose che più odio fare: aspettare. Ero stato troppo sicuro di me. Credevo di trovarla già nel piazzale ad accogliermi, invece non si è smentita, continuando a farsi desiderare lasciandomi in quello che avrebbe dovuto essere il suo ufficio ma aveva più l’aspetto di una biblioteca. Non c’era neanche una bottiglia di vino nella stanza, nessun attestato di riconoscimento appeso alle pareti e neppure una foto incorniciata. Solo pochi mobili e libri, una distesa di libri interrotta soltanto dall’ampia vetrata che si apriva come uno squarcio sul piccolo vigneto. La luce del pomeriggio autunnale colorava il versante, e le foglie ingiallite, riecheggiavano di un rosso intenso, ipnotico. L’orizzonte pareva tangibile, formato dalla sommità delle colline che delimitavano il terreno ad ovest. Tutto il suo mondo, in definitiva, era racchiuso in un fazzoletto di terra che convergeva nella stanza dov’ero in attesa.

-Le piace la vista?

La mia mente, lontana anni luce dal corpo, venne risucchiata sulla terra ad una velocità così elevata che il cuore perse qualche battito. Mi girai di scatto verso la voce ma sulla porta non c’era più nessuno. Vagai con gli occhi per la stanza, le pupille tentavano di riprendersi dal bagno di sole in cui le avevo lasciate ed eccola lì Nunzia Nodiga, che mi guardava sorridendo appoggiata alla scrivania. La mia dissonanza, oltre ad un nome ed un cognome, finalmente aveva anche un volto.

-Evocativa direi…

Non riuscivo a distogliere lo sguardo. Mi aspettavo una donna in tailleur, non dico tacchi alti ma quasi, una perfetta manager d’azienda insomma, invece quella che mi trovai davanti era una ragazza di neanche trent’anni con indosso jeans e stivali di gomma.
-Vede che ha fatto bene ad accettare il mio invito? Il termine “evocativo” significa che ha già in parte compreso l’ispirazione del mio lavoro.

Avrei voluto dirle che non avevo capito nulla invece e che in realtà non capivo neanche perché ero lì, ma quella fu solo una delle tante cose che le avrei taciuto. Il suo sorriso fresco e il tono calmo della voce mi disarmarono. La distanza che mi ero imposto di mantenere si dissolse e tornò ad attanagliarmi quel senso di disagio che non mi era mai appartenuto prima di svolgere quell’incarico. Mi sentii completamente fuori luogo, io con i miei mocassini di pelle e lei con i capelli tenuti su da una matita, io con la mia camicia sartoriale e lei che profumava di erba appena calpestata.

-Ad un animale di città come me, la campagna fa sempre effetto.

(Continua)

Dissonanza - Parte II 2
Dissonanza - Parte II 5

Veruska Saetta

Nata in Abruzzo dove ad oggi vivo e lavoro, una laurea in Architettura nel cassetto insieme alla miriade di storie in cui mi piace perdermi come lettrice e da qualche anno anche come autrice. Appassionata di ogni genere di arte, sono convinta che ciò che più conti sia sempre il viaggio e non la meta.

Il racconto DISSONANZA ha vinto “Racconti intorno al vino – Premio letterario Nino D’Amato 2021” organizzato a Barolo da Città del Vino.

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